Definizione e storia

No Profit

Definizione:

non profit (o non-profit) ‹nòn pròfit› locuz. angloamer. [«senza scopo di lucro», comp. di non «non» e profit «guadagno, profitto»], usata in ital. come agg. e s. m. – Nel linguaggio econ., settore molto diffuso negli Stati Uniti, e da qualche anno in sensibile aumento anche in Italia a causa della crisi dello stato sociale, che include associazioni, fondazioni e istituzioni non lucrative, spesso strutturate come vere aziende, che abbiano un proprio patrimonio da utilizzare per attività socialmente utili (studî e ricerche in varî campi, tutela dei beni culturali e ambientali, servizî sociosanitarî, ecc.) e i cui profitti, anziché essere distribuiti ai membri dell’organizzazione, devono essere totalmente rinvestiti nell’attività da essa esercitata: il settore non profit, o assol. come s. m. il non-profit; organizzazioni, imprese non profit.

Diffuso in ital. anche nella variante no profit (o no-profit), è detto anche terzo settore (angloamer. third sector) per distinguerlo dal settore privato in senso stretto (gli enti commerciali) e da quello pubblico.

Pubblicità non profit, strumento di impegno sociale con messaggi relativi ad argomenti scottanti del momento (abusi sessuali, droga, AIDS, prostituzione, ecc.), realizzata senza commessa.

(Fonte: Vocabolario Treccani.it)

Storia:

la nozione è cominciata a delinearsi nella seconda metà del XX secolo, principalmente nei paesi economicamente più progrediti, insieme ad una notabilmente accresciuta attenzione sociale per le attività di solidarietà, favorita sia dal miglioramento delle condizioni economiche generali (e, per riflesso, individuali), sia dalla diffusione dell’informazione, che ha agevolato la conoscenza di particolari situazioni di disagio, bisogno, sofferenza di natura economica, sanitaria, sociale, politica o di altri tipi di contingenze anche a distanza.

Parallelamente, una percezione di inadeguatezza dei sistemi di solidarietà sociale provveduti dai grandi stati nazionali o il riscontro dell’assenza (o dell’impraticabilità) di strumenti di assistenza e solidarietà in paesi meno fortunati, ha indotto molti, in forma per lo più volontaristica, a perseguire operativamente obiettivi di soluzione (o più spesso, realisticamente, di attenuazione) di situazioni di bisogno di altri individui o categorie o gruppi sociali (diversi in genere dal proprio). Ciò ha dato luogo allo spontaneo e copioso proliferare di organizzazioni di natura originariamente privata che in genere perseguono obiettivi di solidarietà rivolti quando in patria a soddisfare bisogni di estrema specialità (ad esempio le numerose associazioni per l’assistenza ai malati di malattie rare) o quando all’estero al soddisfacimento di fabbisogni primari (ad esempio, ma non solo, le altrettanto numerose organizzazioni per la fornitura di cibo e medicinali).

La rilevanza del fenomeno, la cui crescita è stata accelerata dall’attenzione prestata dagli organi di informazione, ha in breve tempo raggiunto proporzioni tali da costituire una realtà della quale anche gli ordinamenti giuridici hanno presto dovuto prender atto, anche (e forse in primissima istanza) per poter consentire agevolazioni di natura fiscale a simili attività; in genere, la sottoposizione di organizzazioni non profit a regimi fiscali blandi, con ampie opportunità di esenzione, è vista con favore dall’opinione pubblica in ragione del solitamente elevato contenuto etico degli obiettivi perseguiti, quantunque un simile consenso sia nettamente inferiore per il caso di organizzazioni perseguenti obiettivi a più marcata impronta giuridico-politica.

In diritto, il problema affrontato dalla dottrina si è fondamentalmente incentrato sulla corretta definizione dell’ente non profit. Rispetto al tradizionale concetto di assenza di fini di lucro, già in rodato uso ad esempio per alcune persone giuridiche come la società cooperativa o l’associazione (casi nei quali residua, legittimamente, un almeno indiretto interesse personale dei soci o comunque dei sodali), la locuzione sottintende (nell’accezione più comune in Italia) che l’organizzazione abbia finalità vocatamente solidaristiche, che non vi sia distribuzione di utili ai soci, che anzi qualsiasi utilità prodotta (anche nella forma di beni o servizi) sia destinata con carattere di esclusività in favore di terzi, e che non svolga attività commerciali se non limitatamente ad azioni meramente strumentali al conseguimento degli scopi sociali.

(Fonte: Wikipedia)

Organizzazioni non profit:

Rientrano pertanto propriamente nella categoria “non profit” quelle organizzazioni cui sia applicabile la recente disciplina riservata alle Organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS), ma anche quelle che, sia pure in progetto o in corso di formazione o di consolidamento, potrebbero una volta a regime presentare caratteristiche affini; va detto peraltro che la previsione normativa potrebbe non essere esaustiva di tutte le possibili configurazioni organizzative che avrebbero titolo ad essere definite come non profit, stante la vastità della gamma dei loro possibili obiettivi.

Gli enti che compongono il mondo del non profit si differenziano sostanzialmente nella loro struttura, distinguendosi per tipologia e status giuridico. In particolare, fino ad ora la legislazione italiana ha disciplinato cinque differenti tipi di organizzazioni private che operano senza fini economici con finalità solidaristiche:

  • le organizzazioni non governative (leg. 49/1987),
  • le organizzazioni di volontariato (leg. 266/1991),
  • le cooperative sociali (leg. 381/1991),
  • le fondazioni ex bancarie (leg. 461/1998)
  • le associazioni di promozione sociale (leg. 383/2000).

(Fonte: Wikipedia)